stasera accennerò appena alla storia di un mio omonimo, lasedia, e poi non ci tornerò mai più.
mi sembra il minimo, visto che casualmente il mio blog porta il suo nome.
dicono che se vai in quella stazione in un preciso giorno di maggio verso le ore 17 e stai molto attento puoi scorgerli ancora in mezzo al via vai della folla.
persino io, che ho il sesto senso femminile di una blatta, riesco ad immaginarmi il loro primo incontro ogni volta che transito per quella stazione.
dicono che lasedia avesse il corpo di un giovane albero, le spalle leggermente curve, la piccola cicatrice in prossimità del labbro superiore (che a lui sembrava così oscena ma non la era). dicono che tenesse la sua tipica posizione con la testa leggermente inclinata da una parte quando guardò incuriosito per la prima volta lattepiù.
lattepiù aveva un bel viso, di quelli che somigliano sempre a qualcuno, l'apparecchio fisso ai denti e il seno generoso ancora benedetto dalla linfa vitale della maternità avvenuta quasi due anni prima di quell'incontro. quando lui la conobbe, lei teneva il piccolo er'alice in braccio, appoggiato sul suo fianco.
dicono che rimase impressionato dalle belle mani di lattepiù e soprattutto delle dita così lunghe e affusolate.
glielo avrebbe detto tempo dopo.
anche lasedia aveva belle mani, ma non da pianista, da batterista.
er'alice teneva tra le sue dita piccole e paffute una gommosa alla frutta lepega e appiccicosa a forma di orsetto.
E' cosa certa che anni dopo il piccolo non si sarebbe ricordato di nulla, ma secondo molti, in quanto scrigno inconsapevole che conteneva una favola, nei suoi sogni avrebbe avuto a sprazzi il fermo immagine di quell'incontro.
l'uomo che va verso il patibolo ha paura ed è consapevole del suo destino, ma non immagina l'entità della sofferenza fisica che l'aspetta.
dicono che lasedia e lattepiù morirono lentamente sul loro patibolo semplicemente ascoltando una musica che narra la storia di un patto tra due fratelli, di un'estate troppo calda, di addii al sapore di crema chantilly, di bugie, di rose mai appassite gettate dal balcone, di scopate, di un tatuaggio, di numeri de li mortacci sua, di un bar libanese a berlino, di un maledetto nome in comune e di un animale che ha il cuore lontano dal cervello.
almeno, così dicono.
chiuso l'argomento.
buon week end a tutti.
accidenti, standing ovation, chapeau, mi inchino col capo cosparso di cenere ed il cappello in mano, smetto di conversare con un venditore austriaco e rileggo...bar libanese a berlino...
RispondiEliminasi, così dicono. ma l'argomento non è chiuso. complimenti davvero.
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